“Il mio primo contatto con il brazilian Jiu Jitsu risale ai primi anni 80, a Rio de Janeiro, quando degli amici brasiliani volendo farmi conoscere qualcosa del loro Paese di cui si sentivano particolarmente fieri perché davvero unico, mi parlarono del bjj e della famiglia Gracie. In Italia non avevo mai sentito parlare di Helio Gracie, né di Carlos Gracie né di Mitsuyo Maeda ma quello che venni a sapere mi appassionò in maniera totale. Le arti marziali in quel periodo da noi erano sempre le solite, il judo, il karate, la boxe e la lotta nelle sue due varianti. Tutto quello che il brazilian jiu jitsu studiava e proponeva era qualcosa di assolutamente inedito e affascinante. Ma non c’era niente da fare, in Italia i Gracie non avevano discepoli e non ci sarebbe stata speranza di praticare l’arte suave. Quando, dopo diversi anni, le prime palestre iniziarono a introdurre anche da noi il bjj, ne fui molto felice, ma data l’età over quaranta che ormai avevo, non mi sentii in grado di praticare una disciplina così performante. Così continuai a dedicarmi alla mia vecchia boxe. Ma il tarlo del bjj rimaneva e non sembrava rassegnarsi. Così due anni fa, quando ho visto su Internet che a Roma aveva aperto una palestra Gracie Barra con il professor Renato Rodrigues, mi sono detto provaci, e sono andato. Da allora non ho mai smesso. Sono un orso di sessant’anni in un mondo di giovani felini, ma ogni volta che salgo sul tatami è una gioia. Imparo con lentezza, forzo le mie articolazioni rigide, perdo tutti i combattimenti, ma non mollo. E non mollerò mai. Il piacere che mi dà praticare un’ arte marziale che attraverso gli insegnamenti dei miei professori diventa anche stile di vita, etica, forza interiore è superiore a tutto. Ora sono cintura blu e, se non sbaglio i calcoli, dovrei diventare cintura nera quando avrò intorno agli ottanta anni. Nessun problema, quando il professor Renato mi giudicherà degno, vi inviterò ad un party di festeggiamento. All’ospizio.”
Alessandro